In occasione del Premio Letterario Nazionale " Enrico Trione - Una fiaba per la montagna" XXII edizione anno 2023" la mia fiaba: "Il fiume della rupe" è stata selezionata per la nuova antologia dedicata alle fiabe di montagna 2023 .
La fiaba narra di una fata imprigionata nella cavità di una montagna e del suo infelice amore per un giovane contadino di pianura. Dal suo sentimento sgorgherà...
📚 Le vere historie inventate del Selvadego Homo 📗
recensione formale e stilistica a cura di Nino Lo Conti
Noi, per antica e brutta abitudine scolastica, siamo stati sempre abituati a prestare maggiore attenzione e credito al SIGNIFICATO della Parola.
In tal modo abbiamo perso una componente fondamentale non solo del singolo termine, ma anche dell’intero testo, ovvero:
il suono della parola;
la sua forma esteriore;
la valenza retorica;
tutte le specificità individuali.
Caratteri questi che contrassegnano non soltanto il mero termine, in sé e per sé, ma che si riverberano, in un continuum relazionale, sulle altre parole, sia vicine della stessa frase, sia lontane nello stesso periodo.
La PAROLA non è soltanto SIGNIFICATO! È musica, armonia, ritmo, rumore di fondo, sottofondo musicale, intelaiatura, gabbia, maschera, contenitore.
Essa sorregge, contiene, accompagna, enfatizza, o reprime e mortifica il singolo termine, ma anche un intero brano.
Non sono originale nel paragonare un libro ad un mezzo di trasporto. Leggere è come viaggiare su un’astronave che velocemente va avanti o indietro nel tempo: se leggi la Bibbia retrocedi e vedi Adamo ed Eva mangiare il frutto della conoscenza, Caino uccidere Abele, Abramo intraprendere il viaggio verso la Terra Promessa ecc..; con i grandi testi classici incontri Achille Paride Elena Cassandra, Ulisse Penelope, Enea; Medea Edipo, Beatrice Virgilio, Orlando e persino gente semisconosciuta (Luigia Pallavicini caduta da cavallo o Teresa Fattorini, alias Silvia di Leopardi, o, ancora, il “Giovin Signore” di Parini). Allo stesso modo potremmo andare avanti nel tempo e, insieme ad Asimov, Stephen Hawking, Carlo Rovelli e Rubbia, giungere fino ai bordi di un
Buco nero e, sorpassato l’Orizzonte degli Eventi, attraversarlo indenni per giungere all’ultima delle Galassie ai confini dell’universo conosciuto.
Nel caso specifico del volume in esame piace pensare ad un “treno” viaggiatori.
In esso sicuramente la componente più importante è costituita dai “passeggeri”, (donne, bambini, uomini; anziani, adolescenti, neonati...) ognuno con il proprio back ground personale, fatto di vicende individuali, esperienze, religione, cultura, vitalità, gioia e dolori.
Dunque non sbagliamo quando tendiamo a conferire a questo “carico” collettivo un’importanza fondamentale, infatti si tratta del variegato mondo del nostro vissuto: Ogni Persona è una Cattedrale di pensiero.
Sbagliamo però quando fissiamo tutta la nostra attenzione e il nostro giudizio sui Passeggeri, sottovalutando o ignorando del tutto il mero mezzo di trasporto, la macchina, l’intelaiatura interna ed esterna, le rifiniture, il design, gli accessori e tutto ciò che rende bello il “viaggio” in sé.
Continuando la metafora del “Libro – Treno”
Mi piace paragonare i Passeggeri agli argomenti trattati nel volume, ovvero ai contenuti, alla parte concettuale, al “significato”; invece la Motrice, i vagoni, l’intelaiatura interna-esterna, le Rifiniture e
tutti gli Accessori, che rendono “comodo” il viaggio, le paragono al “significante”, ovvero alla struttura stilistica, formale, sintattica che “sostiene e accompagna” i Passeggeri-Argomenti.
Questo TRENO lo si deve considerare non solo per ciò che trasporta, ma deve anche essere soppesato per il carattere specifico di carica retorica, caratterizzazione stilistica, trama lessicale, tessuto fonetico.
Dunque non solo TRENO PASSEGGERI, ma “treno di suoni”, fiume di musica, succedersi di ritmi variabili e diversi, intervalli di silenzi, pause. Addirittura anche il BIANCO della pagina, l’andare a capo, il capoverso rivestono valenza ed importanza cui prestare attenzione, perché anch’essi “parlano, dicono, narrano”.
Già il titolo... “Le vere historie inventate del Selvadego Homo”
si presenta come “paradigma” dell’intero testo scritto dall’Autrice, nel senso che ne costituisce la summa, la sintesi estrema, sia per stile quanto per contenuti.
Lapalissiano che siamo dinanzi ad un testo anomalo e non comune, esso infatti si snoda con movenze poietiche, ovvero frutto di creatività enfatica che raggiunge livelli lirici e musicali.
Questa affermazione non rappresenta una novità se si pensa alle radici profonde di Elena Giulia Belotti che affondano nella Musica e nella Poesia.
Dunque analizziamo
• Il titolo immette subito in medias res, tagliando corto con un sottinteso “(Qui si narrano ....) Le vere historie inventate del Selvadego Homo”;
• Il ritmo della frase è latineggiante e dunque pieno zeppo di picchi enfatici; bisogna tenere presente che la cadenza della frase italiana nel suo svolgersi si presenta piuttosto piatta e priva di altezza tonica, infatti se fosse italiano il livello apparirebbe mono-tono: Le vere historie inventate dell’homo selvadego. Dunque il solo premettere l’aggettivo al sostantivo regala sospensione sintattica e attesa;
• Emerge immediatamente una figura retorica semantica (legata al significato delle parole) nel bellissimo ossimoro (Vere inventate), cioè una contraddizione che crea straniamento e sorpresa (Vere
inventate?);
• Per quanto attiene al tessuto fonetico, osserviamo, le 18 vocali presenti, specificando che esse sono gli elementi che danno al testo quello che possiamo definire il “colore” del suono, ovvero suono chiaro, scuro, cupo.
Notiamo subito che ci sono due sole “a”, dal suono totalmente “chiaro”, mentre ben nove sono le “e”, suono semiaperto e dunque chiaro; tre le “i” con suono mediano e semistrozzato; seguono le quattro “o” dal suono quasi chiuso, tre delle quali caratterizzano, fondamentalmente, l’ultima sillaba di
selvadego e le due di Homo.
Notevole appare a questo punto sottolineare la totale assenza della cupa e
tenebrosa “u”.
Quale spiegazione si può dedurre da questa analisi di vocali chiare semi-chiare, mediane, semi-strozzate?
Il loro succedersi così come sono, ma anche la densità della loro presenza rivestono una funzione importantissima: spiegare che l’esposizione formale è perfettamente adeguata ai fatti narrati, ovvero vicende positive, chiare, a buon fine, svolte dal protagonista, che, all’occasione, sa essere anche vendicativo e punitivo, il selvadego homo.
• Passiamo ora alle consonanti, infatti anche queste contribuiscono in maniera determinante all’impronta fonetica del testo, grazie alle varie “strozzature” subite lungo il percorso che l’aria subisce partendo dai polmoni e passando attraverso il condotto volgarmente inteso come gola (faringe, laringe, cordevocali) – bocca (lingua, denti, palato, ugola, tonsille):
➢ Le h di historie e Homo sono mute e dunque non presentano un proprio suono; costituiscono comunque l’elemento aulico che rimanda direttamente alla lingua latina, coniugandosi, fra l’altro, perfettamente con la cadenza ritmica di quella lingua; memoria storica rintracciabile
anche in “selva..”
➢ La liquida “r” (Le vere historie inventate del selvadego Homo) rimandano alla forza e all’energia;
➢ Le sibilanti “s” (Le vere historie inventate del selvadego Homo) significano pericolo, rischio, tentazione (si pensi a Dante quando scrive, nel canto 1 dell’Inferno, “esta selva selvaggia ed aspra e forte...”;
➢ La consonante “v” (Le vere historie inventate del selvadego Homo) pronunciata con una emissione esplosiva di fiato, strozzato a livello labio-dentale, rimanda ad un intoppo, ad una sorpresa.
➢ Notevole ed enfatiche, infine, le dentali “t-d” che producono un suono “duro”, presenti ben 5 volte (Le vere historie inventate del Selvadego Homo).
Nino Lo Conti
La figura del silvestre Homo Selvaticus mi ha ispirato la stesura di queste dodici historie, volutamente essenziali e brevi, in totale libertà di stile, nelle quali ho cercato di rispettare le principali caratteristiche dell' ancestrale personaggio, l'Homo Selvadego appunto, così come egli ci è stato tramandato . Ma chi è l'Homo Selvadego? Il solitario custode del bosco, dai lunghi peli e dai lunghi capelli, incarna e simboleggia la parte più profonda di noi, quella legata alle energie primordiali, ai sogni, alle forze della Natura ed alle sue meraviglie, dalla quale ci siamo in qualche modo allontanati. Saggio, semidivino, orco, redento, artigiano, guaritore, orso, stregone, pazzo, eremita... in lui convivono molteplici sfaccettature alimentate nei secoli dalla fantasia popolare, ma che sempre, attraverso le più disparate narrazioni riconducono alla sua integra unicità. Dell'Homo Selvadego la storia ci ha consegnato qualche affresco, sparse sculture a carattere decorativo su edifici e chiese, una discreta ma pur sempre esigua quantità di illustrazioni prevalentemente medioevali, qualche citazione nella letteratura colta e svariati racconti e leggende popolari dell'arco alpino, che ancora sopravvivono alla frenesia del nostro tempo... Ovviamente non potevo che narrare di un Selvadego Homo secondo la mia personale prospettiva, sensibilità e vena creativa. Grazie all' immaginazione l'Homo Selvadego dunque può ancora fare ritorno, semmai ci abbia mai veramente lasciati, ed essere a modo suo presente tra noi. Spero quindi che queste historie vi siano leggere nella lettura, come può esserlo il fruscio di un passo tra le foglie, e gaie e luminose, come a me lo furono nel divertimento della scrittura. Buona lettura, Elena.
Le vere historie inventate del Selvadego Homo
Dalla profondità del bosco in totale libertà stilistica, 12 vere historie inventate dell'Homo Selvadego, arcaico e leggendario personaggio che affonda le proprie radici nell'immaginario collettiv...
"Come s'allegra e canta l'uom salvatico
quando il mal tempo e tempestoso vede
isperando nello buono ond'egli è pratico"
da Dittamondo (1367) di Fazio degli Uberti
Che cosa sono i fiori?
non senti in loro come una vittoria?
la forza di chi torna
da un altro mondo e canta
la visione. L’aver visto qualcosa
che trasforma
per vicinanza, per adesione a una legge
che si impara cantando, si impara profumando.
Che cosa sono i fiori se non qualcosa d’amore
che da sotto la terra viene
fino alla mia mano
a fare la festa generosa.
Che cosa sono se non
leggere ombre a dire
che la bellezza non si incatena
ma viene gratis e poi scema, sfuma
e poi ritorna quando le pare.
Chi li ha pensati i fiori,
prima, prima dei fiori.
Mariangela Gualtieri
da “So dare ferite perfette (2003 – 2004)”, in “Mariangela Gualtieri, Senza polvere senza peso”, Einaudi, Torino, 2006
La mia fiaba "Rosaura e la vecchia", ha trovato la sua strada ...
E' stata inclusa nella raccolta antologica di favole e fiabe vol.1 , edita da historica edizioni, in occasione del concorso indetto nella primavera 2021.
gioia e soddisfazione ! 😊 Elena
" Favole e fiabe lasciano spazio all’immaginazione sorprendente degli autori. In questa raccolta antologica, realizzata da Historica, non esistono limiti di età o latitudini. La fantasia irrompe in ogni pagina e si incontra con la bellezza della scrittura, dando vita a mondi straordinari fatti di fatine, animali parlanti, principi e regine. Questi testi raccontano la nostra capacità di accogliere nuove suggestioni e di trasformarle in pensieri di libertà". da : historica edizioni
www.historicaedizioni.com